Megamenu

lunedì 10 giugno 2013

Isole Fortunate

Quale voce viene sul suono delle onde
che non è la voce del mare?
È la voce di qualcuno che ci parla,
ma che, se ascoltiamo, tace,
proprio per esserci messi ad ascoltare.

E solo se, mezzo addormentati,
udiamo senza sapere che udiamo,
essa ci parla della speranza
verso la quale, come un bambino
che dorme, dormendo sorridiamo.

Sono isole fortunate,
sono terre che non hanno luogo,
dove il Re vive aspettando.
Ma, se vi andiamo destando,
tace la voce, e solo c'è il mare.

di: Fernando Pessoa

Ode alla Notte

Vieni, Notte antichissima e identica, Notte Regina nata detronizzata,
Notte internamente uguale al silenzio,
Notte con le stelle, Lustrini rapidi
Sul tuo vestito frangiato di Infinito.
Vieni vagamente,
vieni lievemente,
vieni sola, solenne, con le mani cadute
lungo i fianchi, vieni
e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
tutte le strade che la salgono,
tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,
tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
nella distanza subitamente impossibile da percorrere.

Nostra Signora
delle cose impossibili che cerchiamo invano,
dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
dei propositi che ci accarezzano
sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.

Vieni e cullaci,
vieni e consolaci,
baciaci silenziosamente sulla fronte,
cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
se non per una differenza nell'anima
e un vago singulto che parte misericordiosamente
dall'antichissimo di noi
laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
essere nella vita.

Vieni solennissima,
solennissima e colma
di una nascosta voglia di singhiozzare,
forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.

Vieni, dolorosa,
Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.

Vieni, dal fondo
dell'orizzonte livido,
vieni e strappami
dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
dal quale naturalmente sono spuntato.

Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
e fra erbe alte margherita ombreggiata,
petalo per petalo leggi in me non so quale destino
e sfogliami per il tuo piacere,
per il tuo piacere silenzioso e fresco.

Un petalo di me lancialo verso il Nord,
dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
dove sono i mari e le avventure che si sognano.

Un altro petalo verso Occidente,
dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.

E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali,
oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima!
affidali all'Oriente,
l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
tutto quanto noi non siamo,
l'Oriente dove – chissà –

forse ancor oggi vive Cristo,
dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto...

Vieni sopra i mari,
sopra i mari maggiori,
sopra il mare dagli orizzonti incerti,
vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
e calmalo misteriosamente,
o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!
Vieni, premurosa,
vieni, materna,
in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
e che vedesti nascere Geova e Giove,
e sorridesti perché per te tutto è falso,

salvo la tenebra e il silenzio,
e il grande Spazio Misterioso al di la di essi...


Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
avvolgi nel tuo mantello leggero
il mio cuore...

Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
polvere di oro sui tuoi capelli neri,
e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.


Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
Quando tu entri ogni voce si abbassa
Nessuno ti vede entrare
Nessuno si accorge di quando sei entrata,
se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
che tutto perde i contorni e i colori,
e che nel cielo alto,
ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
già falce nitida, o circolo giallastro,
o mero diffuso biancore,
la luna comincia il suo giorno.



di: Fernando Pessoa
 


Sensazione

I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
Fremo per la mia allegria.
A volte mi sento invadere da
una vaga, fredda, triste, implacabile
quasi-concupiscente spiritualità.

Mi fa tutt'uno con l'erba.
La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
La brezza che sembra restia a passare
scrolla dalle mie ore rossi petali
e il mio cuore arde senza pioggia.

Poi Dio diventa un mio vizio
e i divini sentimenti un abbraccio
che annega i miei sensi nel suo vino
e non lascia contorni nei miei modi
di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.

I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
una vaga e tiepida anima-unità.
Come il mare che prevede una tempesta,
un pigro dolore e un'inquietudine fanno di me
il mormorio di un incalzante stormo.

I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
le loro inter presenze, e usurpano
gli uni il posto degli altri. Non distinguo
nulla in me tranne l'impossibile
amalgama delle molte cose che sono.

Sono un bevitore dei miei pensieri
l'essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima...
La mia volontà vi si impregna.
Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire
la bellezza nel dolore dei miei versi.
 
di: Fernando Pessoa

Nulla

Gli angeli vennero a cercarla
la trovarono al mio fianco,
lì dove le sue ali l'avevano guidata.
Gli angeli vennero per portarla via.
Aveva lasciato la loro casa,
il loro giorno più chiaro
ed era venuta ad abitare presso di me.
Mi amava perché l'amore
ama solo le cose imperfette.
Gli angeli vennero dall'alto
e la portarono via da me.
Se la portarono via per sempre
tra le ali luminose.
È vero che era la loro sorella
e così vicina a Dio come loro.
Ma mi amava perché
il mio cuore non aveva una sorella.
Se la portarono via,
ed è tutto quel che accadde.


 
di: Fernando Pessoa

Non sto pensando a niente.

Non sto pensando a niente,
e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente,
mi è gradita come l'aria notturna,
fresca in confronto all'estate calda del giorno.

Che bello, non sto pensando a niente!

Non pensare a niente
è avere l'anima propria e intera.
Non pensare a niente
è vivere intimamente
il flusso e riflusso della vita...
Non sto pensando a niente.
È come se mi fossi appoggiato male.
Un dolore nella schiena o sul fianco,
un sapore amaro nella bocca della mia anima:
perché, in fin dei conti,
non sto pensando a niente,
ma proprio a niente,
a niente...

di: Fernando Pessoa

Il mio sguardo è nitido come un girasole.

Ho l'abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra
e talvolta guardando dietro di me...

E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.

So avere lo stupore essenziale
che avrebbe un bambino se, nel nascere,
si accorgesse che è nato davvero...

Mi sento nascere a ogni momento
per l'eterna novità del Mondo...
Credo al mondo come a una margherita,
perché lo vedo ma non penso ad esso,
perché pensare è non capire...

Il Mondo non si è fatto
perché noi pensiamo a lui,
(pensare è un'infermità degli occhi)
ma per guardarlo ed essere in armonia con esso...

Io non ho filosofia: ho sensi.
Se parlo della Natura, non è perché sappia ciò che è,
ma perché l'amo, e l'amo per questo
perché chi ama non sa mai quello che ama,
né sa perché ama, né cosa sia amare...

Amare è l'eterna innocenza,
e l'unica innocenza è non pensare...


di: Fernando Pessoa

Il tuo nome ignoro. Il tuo profilo non ricordo.

Il tuo nome ignoro. Il tuo profilo non ricordo.
Le tue parole dimenticai.
Era mattina, nebbia, era Dicembre,
Quando ti trovai e ti persi.
Sogno o ricordo?

Non so. Era mattina e la nebbia
Nascondeva quello che c'era e quello che pensavo
Come un falso estremo rifugio
In nessuna parte del quale io stavo.
Sogno, prolisso e intero,

Ma, se tra i tasti la tua mano vagasse,
Così, spogliata dell'esser tua, io so
Che forse potrei trovare
Tra quello che non ho potuto incontrare
Quello che non troverò.
 
di: Fernando Pessoa